«Kyrie, Alleluia, Amen»
la Proposta pastorale 2022-23 è sulla preghiera
«Propongo di vivere nel prossimo anno pastorale – ma con lo scopo che
diventi pratica costante – con una particolare attenzione alla preghiera.
Non intendo proporre una enciclopedia della preghiera, ma incoraggiare a
verificare il modo di pregare delle nostre comunità. Ho l’impressione che
sia una pratica troppo trascurata da molti, vissuta talora come inerzia e
adempimento, più che come la necessità della vita cristiana. Cioè della vita
vissuta in comunione con Gesù, irrinunciabile come l’aria per i polmoni».
Il ricordo di Martini
La Proposta si apre con un significativo riferimento al cardinale Carlo Maria Martini,
di cui quest’anno ricorre il decimo anniversario della morte, e alla sua prima
Lettera pastorale, La dimensione contemplativa della vita, uscita nel 1980.
«Questa lettera – scrive l’Arcivescovo – è stata sorprendente e provvidenziale e
(…) mi sento incoraggiato a offrire alla nostra Chiesa diocesana un invito a
ritornare su quell’inizio».
Spiritualità e incontro
Il primo capitolo della Proposta è dedicato a una riflessione sui significati autentici
della spiritualità e della preghiera: «La spiritualità – scrive tra l’altro monsignor
Delpini – non si riduce a una ricerca di quello che mi fa star bene, ma diventa
itinerario, ricerca. Uomini e donne intuiscono che la via per “stare bene” non è
quella che conduce a ripiegarsi su di sé, ma quella che porta a un incontro».
E ancora, sottolinea l’Arcivescovo, «nel nostro tempo, insieme con la necessità di
“una spiritualità” che molti avvertono, sembra di dover registrare anche una
diffusa indifferenza, una tranquilla estraneità rispetto ai temi della preghiera e della ricerca di Dio».
Avverte ancora monsignor Delpini: «Nessuno – neppure i preti, neppure i cristiani impegnati, neppure i consacrati e le consacrate – è al
riparo dalla tentazione di trascurare la preghiera. I preti devono chiedere alla gente: come pregate? Quando pregate? In che modo
posso aiutarvi a pregare?
E la gente deve chiedere ai preti: come pregate? Quando pregate? In che modo possiamo aiutarvi a pregare?».
In famiglia e nella comunità
Nel seguito, la Proposta approfondisce la dimensione della preghiera comunitaria nel corso delle celebrazioni così come l’esperienza
della preghiera in famiglia, riscoperta da molti nel corso della pandemia. Le comunità sono oggi chiamate ad essere «case e scuole di
preghiera» perché i credenti possano entrare in relazione con Dio. È necessaria però la formazione specifica e permanente di
coloro che insegnano a pregare. Un contributo importante può essere fornito anche da persone originarie di altre culture che con «la
loro liturgia, la loro teologia, la loro spiritualità e la loro pastorale sono un dono prezioso».
Le buone pratiche
La Lettera suggerisce anche alcune “buone pratiche” per l’accoglienza nelle comunità durante le celebrazioni. Una speciale
attenzione è rivolta ai portatori di disabilità per i quali bisogna, nei limiti del possibile, abbattere le barriere perché possano partecipare
alla Messa. Anche la tecnologia può offrire importanti aiuti, ma non deve sostituirsi alle funzioni. A proposito della Messa in televisione,
«non si può condividere che sia una forma equivalente alla partecipazione in presenza».
I capitoli centrali illustrano e sviluppano i tre termini che danno il titolo alla Proposta pastorale: «Kyrie: la professione di fede in forma di
invocazione; Alleluia: la gioia della Pasqua in forma di cantico corale; Amen: la professione di fede in forma di obbedienza».
Per le vocazioni e per la pace
L’Arcivescovo si sofferma poi su due particolari “tipologie” di preghiera: quella per le vocazioni («un modo di leggere la propria
persona, la propria storia, alla luce della parola di Gesù, nell’ascolto delle emozioni che lo Spirito suscita in ciascuno») e, con un
riferimento esplicito alla situazione in Ucraina, la preghiera per la pace: questa non può ridursi a protesta individuale contro la guerra,
ma deve «esprimere la fiducia che Dio opera nel cuore delle persone e nei rapporti tra i popoli. La preghiera non è mai una delega a
Dio perché faccia quello che noi non facciamo. È il tempo in cui il dono dello Spirito ci rende conformi al Figlio e ci fa essere quindi
uomini e donne di pace».
Alcune esperienze
Infine, la parte conclusiva è dedicata alla presentazione di alcune esperienze di preghiera, con la proposta di possibili evoluzioni e
innovazioni. Il riferimento è, ad esempio, alla Scuola della Parola, ai Gruppi liturgici nelle parrocchie, ai Gruppi di ascolto della Parola,
agli animatori della preghiera comunitaria.